Il bilanciamento serve sempre?

Disclaimer: questo articolo si basa su un articolo tradotto ed espanso da Mirto Musci che ringrazio per la collaborazione. L’articolo è stato scritto con in mente Pathfinder ma i concetti sono facilmente adattabili a ogni edizione di D&D post Old School.

Di recente ho riflettuto molto sul problema del bilanciamento degli incontri. Chiunque abbia l’intenzione di scrivere un’avventura, per una partita casalinga o per un pubblico più vasto, non può sfuggire al problema. Affrontare incontri emozionanti è parte integrante di ogni modulo di gioco che non disdegni l’esplorazione di rovine e sotterranei. Del resto il bilanciamento è un elemento essenziale del processo di design, o no?

Mentre stavo scrivendo la mia avventura, e leggevo pile e pile di moduli per prendere esempio da autori già affermati, ho iniziato a domandarmi se non avessi intrapreso la strada sbagliata nel basarmi sulle assunzioni di sistemi moderni come Pathfinder.

Il sistema dei Gradi Sfida (GS) introdotto nella 3a edizione di D&D, è indubbiamente un sistema comodo e abbastanza semplice per costruire incontri bilanciati. Al DM sono forniti una serie di strumenti e di regole che, a seconda del livello medio del gruppo, permettono di creare incontri quanto più possibile appropriati per i giocatori. Sebbene non sia vietato fare diversamente, e creare incontri “fuori scala”, il manuale suggerisce di seguire la strada del bilanciamento, e tutti i moduli d’avventura moderni sono costruiti secondo questo assunto.

E’ chiaro quali sono i vantaggi di questo approccio. In teoria le sfide non saranno mai triviali o impossibili, ma sempre eccitanti. L’arbitrio del DM diventa meno necessario per “aggiustare” le cose. Si limita l’influenza della varianza dei dadi. I giocatori non si sentono mai traditi o presi in giro.

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Pubblicato da vodacce

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12 commenti su “Il bilanciamento serve sempre?”

  1. MrBrownstone Vai al profilo 4 Gennaio 2016 – 18:44

    Bell’articolo. Proprio l’altro giorno discutevo con un mio amico sui concetti di bilanciamento ed imparzialità (molto simile al tuo “bilanciamento ed equità sono due concetti molto diversi”).
    Come DM vecchia scuola (BECMI) ho sempre cercato di essere “bilanciato” ed equo, invece che “imparziale” come suggerivano i diversi manuali («Ricorda, sii sempre imparziale come DM, sia nei confronti dei PG che nei confronti di Mostri e PNG», questo recitavano più o meno i manuali, inclusa la RC). In altre parole, ho sempre prediletto una meccanica bilanciata negli incontri, magari “barando” sui pf dei mostri, sugli attacchi, sui tiri per colpire, ma provando a realizzare sempre incontri che dessero una (seppur minima) probabilità di successo ai PG, evitando di mostrare pubblicamente i miei lanci dei dadi (cosa comunque accettata dall’etica professionale, permettimi il termine).
    L’imparzialità invece ti costringeva ad essere fin troppo rigoroso, e veder morire PG per un banale TS fallito, magari quando era arrivato a fatica al 9° livello, beh, questo mi sembrava francamente poco corretto, per non dire frustrante.
    Ecco perché ho sempre cercato di “adeguare” al momento, in real time, lo svolgimento di un combattimento, di un incontro, di un dialogo, di una fuga, ecc ecc, magari anche sviando dal susseguirsi canonico dell’avventura (per poi cercare comunque di ritornare sulla via principale, magari con qualche artefizio scenico, ed è qui che sta la bravura del DM).
    Infine, rammentavo (e rammento) spesso che esiste sempre il libero arbitrio, e che ogni PG si assume le proprie responsabilità per ogni decisione che decide di intraprendere, e che può pagare a caro prezzo.
    Su questi due concetti ho impostato tutte le mie campagne, e devo dire che sono riuscito spesso a trascorrere e a far trascorre ore piacevoli e divertenti.
    La bravura del DM sta tutto in questo: essere abile ad adattare il “mondo esterno” alle caratteristiche, alle esperienze e alle azioni dei PG con cui interagisce, fregandosene delle regole e usando il proprio buon senso.

    1. Zachiel 4 Gennaio 2016 – 21:48

      Sono stato per molto tempo della stessa tua scuola. Dietro lo schermo, se il risultato del dado andava contro la storia che volevo raccontare (non per forzare una trama ma per prevenire risultati insoddisfacenti delle meccaniche di gioco) baravo.
      Poi mi son detto, a questo punto tanto vale che non tiri e che racconti e basta quello che c’è nella mia estetica del combattimento. Ma a questo punto, perché giocare a D&D?

      Ora, se gioco a D&D (cosa che faccio spesso), seguo il dado. D&D è frustrante (ma almeno 4e non ha i save or die e morire non è così facile se non te la cerchi…), specialmente perché il grado di sfida proposto nei manuali è un valore scelto abbastanza a casaccio in molti casi (si vedono GS9 con disintegrazione a volontà, granchi GS 3 che fanno a pezzi un qualsiasi party di quel livello, e al contrario mostri debolissimi per il GS che hanno), quindi bilanciare gli incontri a priori è difficile, serve esperienza e poi tanto è il dado che dice come va.

      1. MrBrownstone Vai al profilo 5 Gennaio 2016 – 09:01

        Il lancio del dado è una componente essenziale per creare l’atmosfera di gioco. Quando “baravo”, ovvero non mi affidavo al valore del dado, comunque lo lanciavo, per dare ai giocatori la sensazione di fato, di sorte (che poi è quella la funzione del dado).
        Ma la componente ludica dei giochi di ruolo non si basa solo ed esclusivamente sul lancio dei dadi. Anzi, questo aspetto è piuttosto marginale, rispetto ai tradizionali giochi da tavolo (se vogliamo stare sempre dietro ai dadi ci facciamo una partita al “gioco dell’oca” e siamo contenti … eheheheh è un esempio estremo, al limite, ma rende l’idea).
        L’aspetto fondamentale dei giochi di ruolo è l’interazione tra i diversi attori (i partecipanti umani, DM e PG), che partecipano ad una storia e la modificano in base alle proprie scelte e ai propri comportamenti. In quest’ottica rientra l’aspetto del combattimento (l’unico che richiede un uso massiccio dei dadi, ma solo per una questione puramente meccanica della dinamica del gioco). Ma il combattimento deve essere l’estrema opzione, la soluzione ultima. Ricordo sempre quanto spiegato da Mentzer nella sua famosissima scatola rossa, ossia che l’80% dei px li acquisisci con i tesori, il resto uccidendo i mostri. Quindi se puoi evitare un combattimento, fai sempre in modo di evitarlo. Ecco perché costruivo dungeons (o adattavo quelli ufficiali) in modo tale da permettere ai PG di creare espedienti per evitare il combattimento frontale con i mostri. Loro progettavano esche, scavavano buche, nascondevano trappole. E lo facevano con il loro ingegno e la loro arguzia, lasciando tutto alla loro fantasia. Certo, poi qualche combattimento avveniva, ma rientrava tutto in uno scenario più aperto e più ampio, e serviva a completare il mondo e a renderlo ancora più divertente. Un gioco di ruolo non consiste solo in “attacca il mostro, uccidi il mostro”, così come ahimé sta capitando sempre più spesso con le nuove generazioni di giocatori.

  2. Maxwell Vai al profilo 5 Gennaio 2016 – 09:09

    il GDR è 1 gioco ,
    ai giochi non si bara .
    tari il gioco prima ,
    se poi i PG schiattano fà parte del gioco .

    1. MrBrownstone Vai al profilo 5 Gennaio 2016 – 09:54

      Condivido il tuo sillogismo.
      Ma solo se si parla di giochi da tavolo.
      Due, tre ore e finisce il tutto.
      Un giochi di ruolo di ampio respiro come D&D, con campagne che durano anni (reali, non di gioco), con ore e ore spese a progettare dungeon, reami, mondi interi, a creare città, popoli, usanze e tradizioni, beh, un minimo di buon senso credo che serva.
      Per me “barare” significa adattarmi alle dinamiche create dalle azioni dei personaggi. La loro morte fa parte del gioco, ci mancherebbe. Ma vedere morire un PG per colpa di un verme iena posto all’ingresso di un dungeon (all’ingresso, non è neanche entrato nel dungeon), ti garantisco che non è affatto divertente.

      1. Maxwell Vai al profilo 5 Gennaio 2016 – 10:16

        gioco ai GDR dal 1990 ad oggi .
        ad AMMO ho fatto 1 campagna che è durata 15 anni REALI
        (in pausa x motivi genitoriali)
        ed amo le campagne lunghe in D&D .

        credo che le decine di giocatori che ho avuto, ed ho ,
        preferiscano morire di VermeIena che far finta di giocare .

        specifico , non voglio accusarvi o dirvi che sbagliate ,
        ma solo riportarvi opinioni .

  3. MrBrownstone Vai al profilo 5 Gennaio 2016 – 11:42

    [Scrivo qui per evitare troppi commenti annidati]

    No, ma figurati Maxwell. Anzi, sono sempre ben accette le opinioni e le esperienze degli altri.
    Trovo interessante il tuo punto di vista, però tengo a precisare che io non ho mai “barato” apertamente, ossia non ho mai dato l’impressione ai giocatori di “salvarli” o di parteggiare per loro.
    Logicamente loro non erano stupidi, e si rendevano conto se un combattimento stava prendendo una brutta piega, optando perciò per la fuga, piuttosto che attaccare con 1pf rimanente.
    D’altronde, non ho mai detto di non aver mai fatto morire dei PG, ma questo è accaduto per una serie di avvenimenti, un susseguirsi di concause, e non solamente per lo sventurato lancio di un dado.
    Permettimi una domanda: tu come ti sei comportato quando un tuo PG di alto livello (ad esempio 14°), dopo anni di gioco, è morto per un destino avverso, per un “fottuto” TS contro veleno andato male? E il giocatore come ci è rimasto? Ha continuato a giocare con la stessa compagnia?
    Io come DM una cosa del genere la metto in conto eccome, ma voglio conoscere la tua esperienza al riguardo, e capire se la reputi una cosa in linea con le finalità che si prefigge un gioco di ruolo.

  4. Maxwell Vai al profilo 5 Gennaio 2016 – 12:15

    Permettimi una domanda: tu come ti sei comportato quando un tuo PG di alto livello (ad esempio 14°), dopo anni di gioco, è morto per un destino avverso, per un “fottuto” TS contro veleno andato male?

    io ci sarei rimasto inizialmente scocciato , poi l ‘ avrei presa con filosofia .

    E il giocatore come ci è rimasto?

    in BECMI avevo in gruppo 1 PG Elfa a livelli alti ,
    mori x colpa di riccio di mare !
    tirò bestiemme x mesi ,
    ma ancora adesso ci ridiamo sù .
    (anche lui ci rideva , adesso non lo sò , ha preso strade non ludiche) .

    Ha continuato a giocare con la stessa compagnia?

    sì , in generale abbiamo avuto buone compagnie .
    io ne mollai almeno 1 paio proprio x i tiri coperti ;
    non giocavo , ero spettatore di 1 racconto passivo .

    Io come DM una cosa del genere la metto in conto eccome, ma voglio conoscere la tua esperienza al riguardo, e capire se la reputi una cosa in linea con le finalità che si prefigge un gioco di ruolo.

    penso che il GDR sia 1 strumento x ottenere sensazioni : divertimento , appagamento …
    ma l ‘ umanità è varia , e calibrare i gusti non è facilissimo .

    se può servire qui discutiamo di cose simili :
    http://zonazero.forumfree.it/?t=71880293

    1. MrBrownstone Vai al profilo 6 Gennaio 2016 – 11:25

      Ahahahahah 😀
      Ti ringrazio per le informazioni che mi hai dato, e per aver condiviso le tue esperienze.
      Effettivamente mi trovo d’accordo con te sul concetto di GDR, e calibrare i gusti delle diverse personalità dei partecipanti non è affatto una cosa semplice.
      Grazie per il link, verrò a trovarvi sul vostro forum.

      1. Maxwell Vai al profilo 6 Gennaio 2016 – 11:28

        prego .
        spero ti sia utile .

  5. NEWACE 5 Gennaio 2016 – 14:26

    Ho giocato per oltre un decennio, e con il tempo sono arrivato ad affinare il mio modo di fare il master, per me e per il mio gruppo era impossibile parlare di scontri ben bilanciati, usando una filosofia che tutto è permesso, non genero mai avventure, ma si gioca e si vede quello che succede e quello che i giocatori vogliono fare.
    Come posso creare un’avventura se permetto di fare qualsiasi cosa il giocatore voglia fare? Se in città decide di dare un pugno ad un campione conosciuto e rispettato, come posso rendere la cosa bilanciata?

    Noi praticamente giochiamo ad un simulatore di vita fantasy, e non usiamo nessun sistema di regole esistente, le scrissi io nel corso degli anni, dopo aver provato i giochi di ruolo più famosi.

    Credo che esistano tre modi di giocare di ruolo, il classico quello più giocato, dove l’interpretazione la fa da padrone, ed i giocatori possono anche passare ore nella classica locanda a fare GDR fra di loro, dove il master passa il tempo a fare da arbitro e non inventa nessuna storia o ne inventa poche e molto rigide da seguire, il secondo modo di giocare è una via di mezzo fra il primo ed un classico gioco di miniature, dove i giocatori conoscono a memoria le regole e prima di agire calcolano ogni variabile, sapendo praticamente sempre come andrà a finire uno scontro.
    E poi il meno giocato, quello che ho sempre giocato io, ma non piace a tutti, appunto una sorta di simulatore di vita fantasy, dove spesso si agisce parlando in terza persona e si fa meno GDR, ma dove tutto è permesso, niente scontri bilanciati (nei limiti del possibile) sta al giocatore capire dove si trova e cosa vuole fare, praticamente tranne rare occasioni è difficile che un giocatore parli in prima persona con un png, cioè avviene, ma solo con personaggi di un certo rilievo, non di certo con tutti i png che si incontrano.

  6. NEWACE 5 Gennaio 2016 – 14:30

    A scusate una nota: anche io non uccido quasi mai un giocatore per un tiro di dado sfortunato, ho giocatori che hanno personaggi da 6 anni, ucciderli perchè scivolano su un sasso mentre corrono non è il caso, anche se le regole dicono che sarebbe morto, io gli rompo una gamba.
    Per morire con me, o devi andare a cercartela, o ti trovi in una situazione ad alto rischio, dove la sfortuna è calcolata e sai che può succedere di tutto.

    Molto spesso ho visto master che uccidono tanto, ma spesso è anche vero che in molti giochi la resurrezione è facilissima a volte ridicola, nel mio mondo e nelle regole che uso io se muori per resuscitarti è un macello, ammesso che sia possibile. Da me se muore un giocatore è lutto generale! 🙂

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