Ti mostro un mostro – Come descrivere con successo una creatura dell’orrore

Il momento è arrivato: la tua campagna horror è durata giorni, settimane. Nel migliore – o peggiore – dei casi è stata tirata avanti per mesi, tra abbandoni e tentennamenti. Di una cosa, però, sei sicuro: i tuoi giocatori, questa volta, sono sul pezzo.
E per te è arrivato il momento. Il momento in cui, venuti a capo del mistero, i tuoi giocatori si troveranno di fronte a lui: il mostro orrorifico che ha colpa di tutto quello che è successo nell’antico paesino di Bunwitch.
Cosa decideranno di fare? Fuggiranno terrorizzati? Si faranno prendere dalla pazzia? Chiederanno pietà piangendo? Affronteranno l’orrore con un sangue freddo da disperati?

Tu, questo, non lo sai.
Ma una cosa è certa: il tuo mostro è una creatura fatta di tentacoli. E, quando i tuoi giocatori gli si sono trovati di fronte, hai capito una cosa.

… Che, di per sé, da descrivere non è poi tutto questo granché.

È una cosa assodata: è divertentissimo portare i giocatori a scoprire, piano, il vaso di Pandora. L’orrore è ciò che sfiora il personaggio alle spalle, l’ombra appena visibile che poi scompare insieme alla luna. L’orrore, viene da pensare, ogni tanto, è più la strada che si fa per arrivare di fronte alla creatura causa di ogni male, più che la creatura in sé.
Perché? Perché descrivere l’orrore è difficile.

Ecco, quindi, un paio di consigli per aiutare chi si trova nella situazione di dover descrivere il nemico giurato (e di un altro mondo) dei suoi personaggi nel momento dello showdown (il “confronto”) definitivo.

1. Ciò che ti fa paura

Questa è la prima regola, da cui non si deve mai prescindere. Descrivere qualcosa che, per te, non è per nulla inquietante, non serve a niente e non porta a nulla di buono per la tua narrazione degli eventi. Se il tuo mostro è un polpo tentacoluto di un altro mondo, ma tu sei solito mangiare insalata di mare con estrema goduria, meglio che cambi antagonista: il polpo tienilo come cibo, non fa per te.
Qualcuno potrebbe ribattere che, allora, sarebbe bene che l’antagonista mostruoso ricalchi la paura di uno dei giocatori al tavolo, o di tutti loro. Nemmeno questo è corretto: non tanto perché sia sbagliato ricorrere alle paure altrui per ottenere terrore, quanto perché se stai descrivendo il polpo che fa paura a Fabio, ma tu non comprendi il motivo di questo orrore, anche la tua narrazione per questo motivo sarà meno concitata, o ingenua agli occhi degli altri. I tuoi giocatori avvertiranno che non c’è fremito nella tua voce, né partecipazione emotiva a un’apparizione che invece dovrebbe essere tremenda.

Dunque: aggrappati alle tue paure, nutriti di quelle e dà loro la voce che meritano. Ciò che al narratore fa paura, molto probabilmente finirà per inquietare anche i giocatori stessi. Primariamente perché il narratore è coinvolto in quello che sta descrivendo.

2. Sensazioni, più che fatti

Nel momento del confronto, o della verità, è molto probabile che tu abbia la sensazione, da narratore, che la tua creatura mostruosa possa apparire d’aspetto banale, qualche volta anche povero rispetto a quello che, giustamente, i tuoi giocatori tramite congetture e ipotesi hanno cominciato ad aspettarsi.
Non cambiare la tua idea del mostro, non è corretto ricorrere a trucchi di prestigio solo per compiacere le aspettative. Semmai, gioca sulle sensazioni, più che sui fatti.
Una volta che i personaggi saranno di fronte all’orrore, descrivi le luci soffuse, i tentacoli che sembrano guizzare nel buio alla luce di fioche candele. Descrivi una grande pozza d’acqua nera come la pece e qualcosa che sembra aggrovigliarsi e sgrovigliarsi al suo interno.
Fa’ sentire le voci degli adoratori del nostro Polpo poco Cotto ma dì che sembrano preghiere lontane e irraggiungibili.

Fa’ in modo, dunque, che questo “confronto” non sia un ovvio testa-a-testa, quanto un vero e proprio incontro d’atmosfera con l’orrore. I tuoi giocatori faranno il resto.

3. Più visioni che parole

Un altro modo per rendere orrenda la scena del confronto finale è fare in modo che sia la vostra creatura – o il cultista di turno – a sbrogliare la matassa e prodursi in uno spiegone sui perché e i percome dell’orrore che si è abbattuto sulla già citata antica cittadina di Bunwitch.
Lo spiegone, che è tanto caro ai villain Steampunk con i baffi a manubrio, lasciamolo a loro che se lo possono permettere. La nostra creatura, sempre che abbia delle ragioni per avere agito e che voglia condividerle con i nostri eroi, difficilmente avrà voglia di parlare.
Magari avrà più il desiderio di comunicare tramite visioni.
Visioni di un mondo morente da cui è fuggita. Visioni di qualcosa di ancora più orrendo che la segue, di una maledizione cui sta cercando di scampare. Antichi luoghi dimenticati e posti impensabili che sembrano sfuggire ai sogni nella mente di un “pazzo”.

Niente spiego
ne, poche, pochissime parole (la maggior parte, proprio dalla parte dei personaggi): tante visioni, tutte d’impatto.

Vale una clausola, però: se, per il gruppo di eroi, affrontare mostri è una “routine” (come lo è uccidere gli zombie per i personaggi di una serie tv sugli Zombie in un mondo apocalittico) queste regole, chiaramente, non valgono.
Queste tre regole sono pensate, invece, per quel mostro che deve incutere timore, quello che non lo si può normalmente tirare giù con una pistolettata e proiettili d’argento. Queste regole valgono per il mostro che fa venire gli incubi pure al più indurito cacciatore di vampiri.

Pubblicato da morgen_di_morgengabe

29 anni. Gioco di ruolo da 12 in cartaceo e da 9 in pbc. Co-Gestisco la pagina MorgenGabe, community di divulgazione ludica. Ogni mese organizzo il Gdr al Buio Bologna insieme a La Gilda.

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3 commenti su “Ti mostro un mostro – Come descrivere con successo una creatura dell’orrore”

  1. Arhaul Vai al profilo 22 Febbraio 2018 – 17:07

    Ho fatto una avventura dell’orrore e l’ho dovuta interrompere perché un giocatore ha iniziato, con isteria, a piangere e ridere al contempo a causa della paura. Posso per certo dire che l’Orrore, in una avventura, è dato sopratutto dalla percezione che i giocatori hanno di quel che gli si pone innanzi. Tra i vari elementi che si possono usare si può citare: l’esposizione della scena (ancor più della creatura -banalmente può far più paura un assassino alienato che un banale demone), della situazione e la capacità di offrire sensazioni come oppressione, pericolo imminente ma non identificabile in modo diretto (ricollegarsi a paura/timore dell’ignoto) o la difficoltà di comprendere il vero nemico tra tanti volti ed insidie, l’apparente incapacità o grande difficoltà di scappare (che può essere per lo più una percezione dei giocatori o una realtà effettiva -darsi una regolata in base al party sarebbe d’obbligo per non frustrare i giocatori-) o la sensazione di sentirsi in trappola anche quando non lo si è, ed ovviamente situazioni grottesche e improvvisi colpi di scena da dosare e usare nei momenti di maggior tensione.

    Le avventure dell’orrore richiedono ambience e giocatori disposti a calarsi nella situazione e ad interpretare seriamente i propri personaggi. Se sono player che pensano soltanto al metaplay del proprio pg, alle build e ai tiri di dado, non sforzatevi neanche a giocare una cosa del genere che non vi seguiranno mai. Ne basta uno così, che tutto va a farsi friggere.
    Un tipo di avventura come questa deve essere percepita come difficile e indubbiamente è sconsigliabile mettere davanti ai giocatori nemici facilmente affrontabili. Se lo fate, fate anche in modo che credano di doverli affrontare secondo un approccio che si riveli sbagliato di modo da alzare la difficoltà dell’incontro, sebbene sconsigli di procedere per questa via, perché a posteriori potrebbe generare frustrazione -per la serie: “se anche un goblin di livello infimo pesta brutalmente i pg, non fa paura, è frustrante”. La cosa cambia se i goblin dell’esempio, anziché essere un piccolo manipolo in una caverna, si rivelano “qualcosa” di più in una stretta valle paludosa piena di nebbia, magari deturpati da qualche forma di malignità magica o sovrannaturale e completamente insani tanto da avventarsi come locuste su ogni cosa che si muove, magari sbavando ed emettendo urla raccapriccianti.

    Soffermatevi a narrare, ma non siate troppo pignoli nei dettagli. Lasciate un po’ di spazio all’immaginazione dei vostri giocatori… se li mettete sui giusti binari, sarà proprio quella l’arma vincente per spaventarli a dovere!

    Almeno questa è la mia esperienza come Dungeon Master.

    1. morgen_di_morgengabe Vai al profilo 22 Febbraio 2018 – 23:51

      Grazie di aver raccontato la tua bella esperienza da DM con le partite horror ^^
      Indubbiamente quelli che hai scritto qui sono tutti ottimi consigli!

  2. Vai al profilo 1 Marzo 2018 – 16:18

    Sono d’accordo con Arhaul. Io infatti uso dei mostri creati da me e funziona perché i PG non sanno con che cosa hanno a che a fare.

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