Coadiuvare il restare in gioco

Il titolo italianeggia il termine in game che rappresenta la capacità del gruppo di giocatori di agire e raccontare le gesta del proprio personaggio senza pasticciare il tutto inserendo elementi fuori dal gioco (come parlare della partita o anche mischiare le conoscenze del giocatore con quelle del personaggio).

Conosco persone che mi guardarebbero con sguardo severo e perplesso se dicessi che trovo accettabile descrivere le azioni del personaggio in terza persona. Del resto, anche se preferisco l’interpretazione in prima persona, comprendo che per alcuni individui sia difficile agire in un certo modo.

Detto questo, mi irrita un po’ vedere partite giocate come se i personaggi non fossero altro che pedine su un tavolo da gioco.

(continua sul sito originale)

Pubblicato da barbiomalefico

Classe 1977 dal 1993 gioco ai giochi di ruolo. Spesso faccio il master a votle anche il giocatore. Sono stato per qualche anno referente di macroregione emilia romagna del campionato gdr ora non lo sono più. Sono iscritto al club Multiverso di Concordia sulla Secchia e sono stato co-autore di diverse avventure presentate nella convention del club che hanno partecipato al campionato gdr vincendo nel 2005 il titolo di miglior ambientazione non originale per il trittico di avventure presentato.

D&D in un castello medioevale? Scopri Dragon Secret in a Castle →

PROMO

3 commenti su “Coadiuvare il restare in gioco”

  1. Von Richter Vai al profilo 18 Marzo 2013 – 10:16

    in 3 o in prima persona è carino in entrambi i casi forse .. dipende… certo è piu professionale raccontare cosa uno faccia …

    pero’ se un giocatore si trrova benino anche cosi forse , con la giusta interepretazione piacere e fantasia da parte sua è possibile indicare robe carine e piacevoli.

  2. barbiomalefico 18 Marzo 2013 – 15:08

    Hai pienamente ragione, infatti il post prende più di mira un modo di giocare tipo boardgame e si pone come un insieme di suggerimenti per portare dei neofiti dall’approccio board game all’approccio di ruolo

  3. Fil Vai al profilo 13 Novembre 2013 – 02:07

    Una volta ero uno spietato inquisitore dell’out game. Se si giocava si doveva giocare al meglio delle possibilità, al massimo della concentrazione e con supremo impegno al fine di godersi il più possibile il tempo a disposizione. E quando non si riusciva mi arrabbiavo parecchio. Ho interrotto un paio di campagne per via dell’out game di alcuni giocatori.

    Poi è arrivato il mio ultimo gruppo (e un’età non più tardo adolescenziale), il quale, pur con tutta la mia buona volontà, non resiste ad andare out tra battute, commenti e altre amene attività. Quanto mi arrabbiavo all’inizio! Poi, piano piano, ho cambiato atteggiamento. Innanzitutto bisogna considerare che, quando giochi di ruolo con persone che lavorano 8 ore al giorno, non puoi proporre loro un ambiente dittatoriale nè un in game serrato. E poi ho scoperto che, con un po’ di out game, forse alcuni incontri sono stati fatti in modo superficiale, forse qualche errore è stato commesso, ma le ore sono state ancora più liete e ci siamo divertiti molto.
    Non per difendere una visione o l’altra, solo per riflettere sul fatto che si gioca di ruolo non per giocare, ma per divertirsi e che ci sono mille modi di farlo.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.